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La crisi dell'informazione: cause e possibili soluzioni

Premessa #

Nel 1904 Joseph Pulitzer detta la linea della sua scuola di giornalismo: molti spunti di allora sono ancora validi adesso.

In cinese la parola wēijī, “crisi”, ha due significati: indica pericolo e opportunità. In questo articolo, per scrivere sulla crisi dell’informazione, il tema del doppio sarà la guida costante, in modo da bilanciare il racconto dei problemi con quello delle possibilità.

Come successo in altri settori industriali, l’era digitale ha messo in difficoltà anche la sostenibilità economica dell’informazione. Il crollo delle vendite dei giornali non significa però una crisi nella fruizione delle notizie. Probabilmente, proprio grazie al web, ora i cittadini accedono a molta più informazione, magari da testate diverse, con maggiori punti di vista sui fatti. Le difficoltà attuali del giornalismo allora sono più legate a ragioni economiche che di contenuto?

«La notizia ha da sempre una doppia natura di prodotto culturale e di consumo» (Càndido M., postfazione a Sul giornalismo, di Joseph Pulitzer, Torino, Bollati Boringhieri Editore, 2009, pag. 116.), d’altronde qualcosa per essere raccontato deve essere sostenuto. Ma negli ultimi decenni sono intervenuti fattori che hanno sconvolto i modelli di guadagno consolidati: l’accesso gratuito alle notizie e la facilità di produzione dei contenuti hanno aumentato il materiale disponibile. Inoltre, è aumentata la concorrenza perché il tempo del lettore è frammentato non solo tra la scelta delle notizie o dei giornali, ma tra altre forme di intrattenimento (cinema, serie tv, giornali, libri, social network…). I problemi economici incidono molto in questa fase e il giornalismo, per tentare di risolverli, rischia di scivolare troppo nel sensazionalismo o nello storytelling.

Certamente l’esigenza di trovare nuove risorse economiche impatta sui modi di lavorare, ma non deve mettere in discussione i valori della professione. Oltre cento anni fa Joseph Pulitzer scrisse un breve saggio in risposta alla sfiducia intorno alla sua idea di fondare una scuola di giornalismo. Le sue risposte sembrano intuire i pericoli sopra riportati. Tre citazioni ed esempi aiuteranno a capire.

Tenere a bada l’istinto della notizia #

    Oggi una delle principali difficoltà del giornalismo è tenere a bada l’istinto per la notizia, far sì che non prenda il sopravvento sull’accuratezza e la scrupolosità.
    J., Scuola di giornalismo alla Columbia University, in “Sul giornalismo”, Torino, Bollati Boringhieri Editore, 2009, pag. 14.

Il 9 maggio 2020 il Presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte ha annunciato la liberazione di Silvia Romano, una cooperante di 25 anni, dopo 18 mesi di sequestro in Africa. Una foto dimostra come questa notizia abbia scompaginato l’agenda mediatica, completamente assorbita da settimane di cronaca sul COVID-19. Per ottenere nuove dichiarazioni o immagini, un numeroso gruppo di giornalisti circonda la ragazza mentre prova a entrare in casa propria. Quanto accurate e scrupolose saranno state le informazioni raccolte in quella situazione? Questo comportamento, oltre che essere stato pericoloso per gli stessi inviati a causa della pandemia dichiarata, quanto invece è servito per accrescere la morbosità dei lettori più ostili che avevano iniziato a sfogarsi online? Inseguire una notizia per soddisfare un bisogno di click o ascolti sminuisce il giornalismo e le sue responsabilità. Infatti, una stampa cinica e mercenaria crea un’opione pubblica che le assomiglia, mentre solo una stampa capace e disinteressata può produrre un’opinione pubblica virtuosa (Pulitzer J., 2009: 85).

Il senso morale #

    (…) il cuore e l’anima di un giornale albergano nel suo senso morale, nel suo coraggio, nella sua integrità, nella sua umanità, nella sua solidarietà verso gli oppressi, nella sua indipendenza (…).
    Pulitzer J., 2009: 59.

L’8 settembre 2015 un video viene diffuso online: al confine tra Ungheria e Serbia, lungo l’accesso via terra all’Europa, una giornalista sgambetta un migrante con in braccio un bambino. Il gesto, che documenta una certa violenza, può essere considerato una metafora dell’atteggiamento avuto dalla stampa nel raccontare il fenomeno migratorio. Come attestato dall’Istituto Cattaneo nel 2018, per diverse ragioni la percezione del numero di migranti all’interno dei Paesi dell’Unione Europea – in particolare in Italia – è gonfiata rispetto alla realtà. Un certo tipo di giornalismo, con gli stereotipi sull’invasione ripresi dalla politica, le fotografie disumanizzanti, le etichette collettive senza dettagli sulle singole storie umane, probabilmente ha contribuito a questa distorsione. Offrendo una cornice narrativa dove le persone sono raccontate più come minaccia o vittime che come soggetti in stato di bisogno, ma comunque capaci di scelta, l’informazione ha mancato di senso morale e solidarietà.

La fonte unica e corretta #

    Vi è sempre un’unica, corretta fonte per ogni tipo di informazione, una fonte originale da cui i fatti scaturiscono per incanalarsi in tutti i media e infine raggiungere il pubblico di seconda, terza o quarta mano.
    Pulitzer J., 2009: 61.

Questa citazione sulla unicità delle fonti è utile per affrontare il tema delle notizie false. Spesso vale il principio che se una notizia è falsa, allora non può essere vera. Ma, soprattutto in certi ambiti, questa affermazione può essere rischiosa: tornando all’attualità, un esempio viene dalla confusione causata dal COVID-19. Proprio perché il campo scientifico ragiona affermando principi veri fino a prova contraria, la stampa generalista ha incontrato difficoltà a raccontare l’incertezza con strumenti poco elastici. Per esempio la stessa definizione di fake news bolla un’intera notizia come totalmente falsa, ma quante volte in questa pandemia notizie inizialmente considerate false si sono poi rivelate essere anche solo in parte vere? In questa situazione la cronaca quotidiana frettolosa e senza approfondimento ha portato il possibile e il probabile a sovrapporsi senza troppe distinzioni, dando a tutte le notizie la stessa importanza e creando ulteriore smarrimento tra i cittadini.

Per sottolineare l’importanza delle fonti e della loro cura, le prime righe di questo scritto riportano una notizia falsa. Il termine wēijī significa soltanto pericolo e non opportunità, quindi la parola non ha una connotazione parzialmente positiva per i cinesi. Il suo uso sbagliato ha originato nel mondo un’intera industria, fatta di pseudoesperti, discorsi motivazionali importanti e teorie economiche. Questo piccolo gioco vuole essere un promemoria per ricordare che il rapporto di fiducia con il lettore, la base del giornalismo, si fonda sulla capacità di interpretare e valutare le fonti, crisi o non crisi economica.


Questo articolo è stato scritto nel maggio 2020 per il contest Comunità e Narrazione.
L’immagine di copertina rappresenta la parola “crisi” in cinese.


Bibliografia #

  • Pulitzer J., Scuola di giornalismo alla Columbia University, in Sul giornalismo, Torino, Bollati Boringhieri Editore, 2009.